Uno dei temi recentemente più dibattuti avanti i Giudici tributari riguarda la validità della notifica degli atti di natura tributaria (cartelle di pagamento, intimazioni di pagamento, preavvisi di ipoteca, ecc.) effettuata dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione da indirizzi pec non presenti nei pubblici elenchi o registri. L’unico indirizzo di posta elettronica certificata risultante dai pubblici registri assegnato all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, infatti, è “protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it”.
L’orientamento che va delineandosi è di ritenere nulla o, addirittura, inesistente la notifica effettuata da indirizzi di posta elettronica certificata diversi da quello sopra indicato.
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Vediamo l’apparato normativo di riferimento.
Innanzitutto, è necessario fare riferimento all’art. 26, del D.P.R. n. 602 del 1973 (in tema di notifica della cartella di pagamento) e dall’art. 60, del D.P.R. n. 600 del 1973 (in materia di notificazione dell’avviso di accertamento), il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile.
A tal riguardo, l’art. 16 ter, del D.L. n. 179/2012 dispone che «A decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 6-bis, 6-quater e 62 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dall’articolo 16, comma 12, del presente decreto, dall’articolo 16, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia», ossia “IPA”, “Reginde” e “Inipec”.
Ancora, ai sensi dell’art. 3 bis, della L. n. 53/1994 «La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi».
Il successivo art. 11 della medesima legge prevede che «le notificazioni di cui alla presente legge sono nulle e la nullità è rilevabile d’ufficio, se mancano i requisiti soggettivi ed oggettivi ivi previsti, se non sono osservate le disposizioni di cui agli articoli precedenti …».
In altri termini, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione – al pari degli altri Enti pubblici – non può notificare atti in grado di incidere sulla sfera patrimoniale del contribuente avvalendosi di qualunque indirizzo di posta elettronica certificata non registrata, ma deve utilizzare un indirizzo pec certificato e risultante dai pubblici registri.
Peraltro, affermare il contrario significherebbe giustificare una disparità di trattamento tra contribuenti ed Enti pubblici in favore di questi ultimi, in aperto contrasto con l’art. 3 della Costituzione.
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La Giurisprudenza.
Le conclusioni sopra indicate sono confermate:
- dalla Corte di Cassazione;
- dalle Commissioni Tributarie Regionali;
- dalle Commissioni Tributarie Provinciali;
- dal Ministero dell’Economia e delle Finanze – MEF.
Nello specifico, i Giudici di legittimità e di merito hanno posto in evidenza come, in virtù di quanto disposto dall’art. 26, comma 5, del D.P.R. n. 602 del 1973 e dall’art. 60, del D.P.R. n. 600 del 1973, il quale, a sua volta, rinvia alle suddette norme sulle notificazioni nel processo civile, ai sensi dell’art. 3 bis della Legge 21 gennaio 1994 n. 53, la notificazione via PEC, per considerarsi valida, deve essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante che risulti da pubblici registri.
Affermano i Giudici che «La notifica delle tre cartelle è nulla, poiché è avvenuta da un indirizzo diverso da quelli riportati nei pubblici elenchi e, (specificamente, dal registro IPA (in termini, da ultimo, Cass. n. 32991/21). Né si può ritenere che sia stato raggiunto lo scopo per l’avvenuta consegna, in applicazione dell’indirizzo delle sezioni unite della Corte di Cassazione (espresso con sentenza 28 settembre 2018, n.23720)».
E ancora «La giurisprudenza di merito, investita della materia si è espressa nel senso di ritenere inesistente la notifica tramite pec degli atti impositivi proveniente da un indirizzo pec non presente nei pubblici elenchi».
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Alcuni dubbi potrebbero essere sollevati in relazione all’art. 156, comma 3, del codice di procedura civile, ai sensi del quale «La nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato».
Tuttavia, nel caso di specie, si ritiene che la proposizione del ricorso non implichi il raggiungimento dello scopo dell’atto stesso ai sensi del citato art. 156 c.p.c. Il ricorso, infatti, è lo strumento giudiziale per far accertare, pienamente, l’inesistenza giuridica della notifica e dell’atto da quest’ultima portato nella sfera del ricorrente.
Infatti, la presenza nei pubblici registri dell’indirizzo pec di un Ente pubblico è requisito imprescindibile al fine di garantire la provenienza dell’atto, la sicurezza del messaggio e il legittimo affidamento del contribuente.
Anche la Corte di Cassazione ha confermato tale indirizzo sostenendo che «La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi», precisando, altresì, che «l’elencazione dei Pubblici Registri non è esclusiva ma tassativa e fondata sulla pubblica riconducibilità dell’indirizzo al soggetto». Evidenzia, poi, che è escluso qualsiasi effetto sanante per raggiungimento dello scopo ex art. 156 c.p.c., in quanto «utilizzando un indirizzo pec non certificato e non inserito in pubblici registri, il messaggio di posta elettronica difetta di un requisito indispensabile a tal fine, non consentendo al destinatario di essere messo in condizioni di conoscerne il contenuto, senza correre il rischio di essere attaccato da c.d. “Malware.”» (Cass. 10.02.2020, Ord. n. 3093).
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In conclusione, sulla base del descritto quadro normativo, la prevalente giurisprudenza è orientata nel ritenere nulla e/o inesistente la notificazione effettuata dall’Agente della riscossione da un indirizzo pec diverso da “protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it”.